venerdì 23 maggio 2008

ODG su i fenomeni migratori

Premesso che:
Le migrazioni sono un dato storico, permanente e strutturale delle società che nessun proibizionismo, nessuna politica restrittiva e repressiva può cancellare.
Attraverso le migrazioni, con un atteggiamento consapevole dei cambiamenti indotti dalle politiche neo-liberiste e dalla globalizzazione, l’occidente può interrogarsi e ricercare i modi di una società non più basata sulla competizione sfrenata e sulla conseguente emarginazione di chi non ha sufficienti mezzi per consumare, ma anzi non possiede né mezzi di sussistenza né la speranza di un futuro possibile.

Tenuto conto che:
La stessa politica securitaria seguita dagli ultimi governi è stata basata sull’evocazione delle emergenze immigrazione e sicurezza ed ha portato ad una ripartizione delle risorse pubbliche di 3/4 in interventi di polizia e solo un quarto di politiche sociali vere e proprie, aggravando l’impatto sociale del fenomeno.

Il clima di insicurezza, così indirizzato, ha alimentato nel Paese una latente mentalità xenofoba e razzista, la quale ha legittimato il Governo Prodi, a seguito dello stupro e dell’uccisione a Roma di Carla Reggiani, da parte di un cittadino romeno, il 31 ottobre 2007 a deliberare provvedimenti straordinari, denominati Pacchetto Sicurezza, diretti specificamente contro cittadini neo comunitari come i romeni .

Le statistiche fornite dal Dipartimento di PS, presenti all’interno del documento politico, fornito dal Ministero dell’Interno, che accompagna lo stesso Pacchetto, testimoniano che il numero degli omicidi dal 1993 al 2006 è passato da 1065 a 621, altrettanto è successo per quanto riguarda furti e scippi, mentre, sempre dalle stesse fonti, le violenze fisiche commesse dai partner sulle donne sono nella proporzione del 62,45, quelle sessuali del 68, 3%.

Il provvedimento così approvato con una seduta straordinaria del Consiglio dei Ministri ha causato reazioni negative di molti paesi europei, ed in particolare messo in difficoltà i rapporti con la stessa Romania.

Lo stesso decreto, denominato Pacchetto Sicurezza, è stato convertito due volte in decreto legislativo per le reazioni che aveva causato nel Paese, e l’ultimo Decreto legislativo n. 32 del 28 febbraio 2008, “Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, recante attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri” è stato poi approvato solo per la parte riguardante i presunti terroristi.

Ricordato che:

La stessa campagna elettorale è servita solo ad evocare il pericolo sicurezza, senza un’adeguata propaganda a favore dell’integrazione sociale sui territori da parte delle forze che ora sono all’opposizione in Parlamento e nel Paese.

Come promesso durante la campagna elettorale, il governo Berlusconi ha già iniziato ad operare per peggiorare le condizioni di vita delle donne e uomini migranti presenti in Italia, prendendo come metro per colpire la debolezza, preannunciando un’uguale politica verso gli italiani deboli.

Il dubbio rapimento di una bambina napoletana da parte di una rom è stata la scintilla dei gravissimi episodi di Napoli, dove campi rom sono stati dati alle fiamme con la complicità di molti cittadini, ed almeno 400 rom o presunti tali sono stato rastrellati dalla Polizia.

Il ministro dell'Interno Maroni, insieme ad altri colleghi, ha provato già a presentare un nuovo decreto sicurezza che si pone due obbiettivi fondamentali.
Chiedere la revisione in senso restrittivo del Trattato di Schengen per limitare la libera circolazione dei cittadini neocomunitari, in particolare bulgari e rumeni.
Introdurre il reato, con arresto, per "immigrazione clandestina", tramutando ovvero in reato penale quella che è finora una sanzione amministrativa.

La realizzazione di questi due passaggi non è stata possibile ancora una volta perché di fronte alle reazioni razziste istillate nella società, le reazioni popolari ed il timore di una spirale incontrollata hanno fatto fare una mezza marcia indietro sul reato di clandestinità.

L’introduzione di quest’ultimo porterebbe soltanto ad un aumento della clandestinizzazione delle persone, ad una maggiore difficoltà a realizzare progetti positivi di inserimento sociale ed economico, ad una maggiore ricattabilità dei migranti la cui "regolarità" è perennemente sottoposta alla spada di Damocle del contratto di lavoro.
Il risultato, lungi dal garantire città più sicure, porterebbe solo a veder crescere il disagio sociale, a riempire i penitenziari e i centri di permanenza temporanea, a intasare le aule di tribunale, a rendere ancora più insuperabile il distacco fra autoctoni, immigrati inseriti, e immigrati da cacciare. A rimetterci sarebbero i più poveri, quelle e quelli condannati al lavoro nero, quelle e quelli che ancora non hanno trovato una possibilità di inserimento socioeconomico.
Un programma che trova il suo contraltare nella direttiva europea che prossimamente potrebbe essere posta al voto del parlamento europeo e che prevede l'allungamento del periodo di detenzione nei cpt - fino a 18 mesi -, la possibilità di fermare, trattenere ed espellere anche minori non accompagnati, il divieto di reingresso per almeno 5 anni. Contemporaneamente saranno rese disponibili maggiori risorse per il pattugliamento e il contrasto in mare all'ingresso e interverranno ulteriori ostacoli per ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato e per avere accesso ai ricongiungimenti familiari.

Questa assemblea impegna

A stigmatizzare e condannare fermamente i pogrom contro i cittadini romeni, bulgari, rom e tutti gli immigrati, e la politica razzista che il governo sta applicando contro soggetti più deboli, prendendo a pretesto fatti parziali e non accertati
Ricorda a questo Governo che il ricorso a provvedimenti parziali e controproducenti come quelli sunnominati, sarebbe ancora più dannosa e contraria alle direttive europee, come più volte viene ricordato al Governo italiano.

Ricorda a questo Governo che questa repressione contro soggetti deboli ed indeboliti, se preannunciasse una uguale politica verso italiani deboli, sarebbe un tragico errore, che dimostrerebbe che non c’è intenzione di governare il vero grave spettro che minaccia il mondo, la fame ed il degrado del pianeta.
A ribadire la fermezza contro qualsiasi criminalità e chi mette a rischio la sicurezza dei cittadini le cui cause non possono essere attribuite all'immigrazione.
A ritenere fondamentale una politica dell'integrazione fondata sulla creazione di forti legami sociali nel territorio tra immigrati e autoctoni ed invitiamo tutti i lavoratori ed i cittadini ad impegnaesi e mobilitarsi contro ogni forma di xenofobia e razzismo.
A proseguire sul territorio la politica in questo senso già portata avanti ed a fornire alle comunità presenti sul territorio ed ai cittadini italiani di nascita gli strumenti per rafforzare le esperienze di integrazione, scolastica, sanitaria, abitativa, lavorativa, per impedire sul nascere anche nel nostro territorio di separatezze, steccati, ghetti.
Ad agire sulle altre amministrazioni provinciali in questa direzione, mettendo in essere politiche che comunichino fra di loro, ed in particolare sollecitare presso la Regione Sardegna la stesura di una legge regionale sull’immigrazione, le cui premesse per altro possono già esistere, ma soprattutto una legge regionale sull’immigrazione che tenga conto delle peculiarità riconosciute dal nostro Statuto e della Costituzione Italiana in materia di autonomia legiferativa.


Depositato in data 21 maggio

Il mio perchè della disfatta elettorale

Quando Antonio Sechi mi ha chiesto di scrivere un commento sull’elezioni politiche di aprile, e in particolare, sulla scomparsa dal panorama parlamentare delle forze della sinistra, presentatesi sotto il neo simbolo dell’arcobaleno, ho inizialmente trovato una difficoltà nel rispondere positivamente all’invito, molto cortese devo riconoscerlo, di dare una mia analisi politica a causa della fortissima delusione elettorale.Delusione, amarezza, difficoltà nel capire perché milioni di donne e uomini avessero deciso di non delegare più, attraverso il loro voto, i loro sogni, le loro speranze, le loro paure, i propri diritti a partiti ed ad un partito in particolare più degli altri - mi perdoneranno la partigianeria le compagne e i compagni - Rifondazione Comunista, che in questi anni, dalla sua nascita nel 1991 ad oggi, ha fatto delle battaglie sociali e del conflitto sociale la sua forza e il suo messaggio, cercando di riprendere la parte più sana e genuina del pensiero comunista.Come si capisce da queste righe una riflessione difficile per chi scrive, innamorato non tanto della sua organizzazione politica ma del progetto che la stessa ha iscritto nel suo nome, Rifondazione, la ricostruzione collettiva di un nuovo alfabeto della politica con cui scrivere la parola comunismo ripensando la pratica e la teoria, salvando le belle esperienze del passato; ed è in questo travaglio, di militante, di iscritto, che anche se ancora relativamente giovane, con un presenza di tre anni nel C.P.N (il comitato centrale) di Rifondazione, già coordinatore provinciale dei giovani comunisti, segretario di circolo di un piccolo paese della provincia di Oristano: che ho iniziato una riflessione più vera di quella che non è classificabile come una semplice sconfitta elettorale.Infatti noi non abbiamo perso tre milioni di voti, ma quel collante politico e di rappresentanza con quelle donne e quegli uomini, insomma si è rotto il cordone ombelicale rappresentato da quell’idea di organizzazione politica di stare nel conflitto sociale, di presenziare le istituzioni come nelle piazze per difendere i diritti delle classi più deboli, e chiedere il rispetto dei doveri dalle istituzioni come della classe più agiata del paese nei confronti del vero motore della repubblica Italiana:i lavoratori salariati, i giovani precari da contratti stagionali, i piccoli artigiani stremati dalla grande distribuzione,i pensionati, di cui un cittadino su cinque in questa provincia ne fa parte.Sono stati questi due ultimi anni, un momento di ubriacatura politica, come compagne e compagni della rifondazione comunista ci siamo auto convinti che sarebbe bastata la nostra presenza nella compagine di governo per garantire l’attuazione del programma, lo sviluppo di un nuovo stato sociale in risposta alle nuove e vecchie povertà; abbiamo ascoltato poco i segnali esterni che venivano da gran parte del nostro humus politico:quando si è capito la necessità di dare un segnale diverso, siamo stati in più di un milione a piazza S. Giovanni a Roma, e quella presenza di popolo così numerosa era il segnale da raccogliere, per capire tutti noi che ci si chiedeva ancora una volta di essere Rifondazione, di portare il conflitto nelle stanze del potere: intendiamoci questo non vuol dire che non è stato fatto, ma non con quella necessaria forza di rottura che ci si aspettava; siamo finiti vittima dell’accusa storica formulata dai nostri stessi alleati del P.D, di partito d’opposizione, incapace di sporcarsi le mani nell’amministrazione dello stato.Io credo che non solo una sconfitta politica sia stata quella del 13 e del 14 aprile, per questo penso che si debba rifondare La Rifondazione, costruendo nuovamente un collante vero per la classe sociale che forma questo partito, per far sentire tutte le donne e gli uomini che pensano a una società più giusta, ad un altro mondo possibile, la presenza delle comuniste e dei comunisti nel lottare ogni giorno, per essere in grado di rappresentare quelle speranze, per rispondere a quelle che sono le domande delle nuove e vecchie povertà, per essere comunisti.